7 artisti, 7 T-shirt in edizione speciale, per celebrare i 70 anni di moda di Max Mara, riconosciuta in tutto il mondo come precursore del moderno prêt-à-porter. Una storia raccontata da queste T-shirt in un percorso per immagini (tutte da indossare). Come per i celebri scatti fotografici di William Wegman: cani weimaraner che indossano il cappotto cammello 101801 di Max Mara, le magliette a stampe inchiostrate a firma del noto illustratore François Berthoud, i bozzetti commissionati alla leggendaria matita di Brunetta. E ancora le irresistibili grafiche a tema marinaro di Brian Grimwood già protagoniste della scenografia della sfilata Max Mara PE16, o i poetici scatti dedicati al balletto classico, realizzati da Valery Katsuba in occasione della mostra “COATS!” del 2011 a Mosca e che hanno come soggetto le étoiles del Bolshoi. Arrivando al Teddy coat fotografato da Brigitte Niedermair che si è ispirata ai quadri del Rinascimento italiano. Per finire con le grafiche ispirate dal lavoro di Erberto Carboni e presentate sull’ultima passerella milanese. In un continuo dialogo tra passato, presente e futuro.
In pregiato e fresco jersey di puro cotone, caratterizzate dalla lavorazione a pannelli appliquè, studiata appositamente per valorizzare i diferenti artwork. Ma perché delle T-shirt, per celebrare un momento così importante? Perché la T-shirt non è solo una semplice maglietta girocollo a maniche corte dal taglio dritto, ma un “abito-manifesto”, inossidabile al fluire delle mode e vera e propria “tela bianca” che si presta ad infinite possibilità di comunicazione, immediata e veloce come richiede la nostra epoca. Quasi una versione vestimentiaria di Twitter (ancora prima di twitter).
“La T-shirt è un modo molto semplice di dire al mondo chi e cosa sei veramente”, ha dichiarato Dennis Nothdruft, responsabile del The Fashion and Textile Museum di Londra e curatore dell’importante mostra “T-SHIRT, CULT, CULTURE – SUBVERSION” dedicata a questo capo di abbigliamento. Forse il più “basic” in assoluto, che però rispetta, racconta (e raforza) l’identità di chi la indossa. Proprio come fa Max Mara con la sua moda, da 70 anni.
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